martedì 18 dicembre 2007

Rom: un tetto con le regole di un lager


L’inaugurazione dei nuovi moduli abitativi che il comune, dopo le proteste di Officina Sociale e dei Volontari di strada, ha allestito alle caserme ex Bresciani doveva trasformarsi in un momento di festa, ma i rom che sono stati sgomberati nei giorni scorsi si sono trovati ancora una volta di fronte a una politica sociale che assume sempre più la forma di un vero e proprio apparato di repressione e controllo.
Ad accogliere i rom, che sono arrivati presso i nuovi container assieme ai volontari, c’erano i vigili urbani del comune di Trento che disposti davanti al cancello hanno chiuso il varco che porta all’interno delle strutture. "Qui entrano solo i rom e tutti gli altri rimangono fuori" - ha detto senza giri di parole Piergiorgio Bortolotti del Punto d’Incontro, la cooperativa del privato sociale che gestirà questa struttura.
Bortolotti - che parlava circondato dal cordone della polizia municipale - ha trovato l’opposizione di Officina sociale e Volontari di strada che chiedevano di entrare tutti assieme. "Non vi consegniamo un pacco - ha detto seccamente Tommaso dei volontari - ma delle persone che se sono qui è perchè hanno costruito un percorso comune con noi". La trattativa sull’ingresso al campo si è risolta con una mediazione: l’entrata dei rom e di un rappresentante di Officina sociale e uno dei Volontari di strada.
All’interno del perimetro che è composto dai moduli abitativi allestiti per i rom, i servizi servizi sociali del comune e Bortolotti hanno spiegato le nuove regole. Ma Federico Zappini commenta subito con dispiacere, dicendo che "le regole di questo luogo sono quelle di un campo di concentramento". Federico prosegue illustrando e criticando uno ad uno i punti di un regolamento che è stato snocciolato con freddezza davanti ai venti rom che le ascoltavano con le loro borse in mano.
"Nessun volontario può entrare nella struttura; è vietato persino attaccarsi alla corrente per ricaricare i telefonini; l’entrata è tassativa prima delle nove di sera e l’uscita al mattino è tra le 5 e le 8".
Queste le regole che ovviamente sono tutte quante rigettate perchè - come afferma Stefano Rubini di Officina Sociale - "rendono questo posto un dormitorio, allestito nell’attesa che venga marzo e la legge se li porti via". "Qui si impedisce che queste persone possano continuare a relazionarsi con noi - continua Stefano - si impedisce ai rom di costruire il loro futuro e si nega la possibilità delle relazioni che sono il primo passo verso l’integrazione".
Da parte di chi gestirà la struttura rimane la più glaciale fermezza, mentre il clima si riscalda con un po’ di tè caldo e una bottiglia di spumante stappata dai rom e dai volontari che ci tengono a dire che "non permetteremo a nessuno di toglierci la speranza che si possano trattare tutti come persone, non solo come oggetti su cui si dispensa un atteggiamento assistenzaiale". "Noi - proseguono quelli che in questi giorni sono riusciti a costruire un percorso di partecipazione con i rom che fino a qualche giorno fa abitavano sotto un ponte - non ci accontentiamo di un tetto, stiamo lottando per la dignità."
Nei prossimi giorni i volontari e gli attivisti di Officina Sociale continueranno a recarsi alle caserme ex Bresciani e proveranno in tutti i modi a superare queste regole che si frappongono tra un’esperienza di partecipazione, lotta, solidarietà e l’obiettivo da raggiungere: la dignità di tutti.

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da Global Project Trento

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