Meno sette e poi chissà.
Un grosso punto di domanda aleggia sui Caravani e sui suoi abitanti e sui suoi visitatori.
Nessuno conosce il destino dei rom dopo il 28 febbraio.
Si interroga il futuro, ci si interroga a vicenda, si interroga il proprio profondo: che fare?
C'è una strana agitazione, consapevole, composta, ma sofferente.
Si attende una parola. Che non arriva.
Non si vive però l'attesa come un tempo vuoto. Si impacchettano i regali da mandare in Romania, si lavano a fondo i vestiti, si parla tanto, ci si confida speranze e paure.
Meno sette.
Basterebbe poco a sgonfiare quel grosso punto di domanda.
Pensarci un attimo, che qui non sono in ballo merci o informazioni, ma persone.
Questo dovrebbe bastare a smuovere chi può dare risposte, o quantomeno placare tensioni e dubbi. Invece no. Sempre a sottolineare che il destino loro non è in mano loro, sempre a rosicchiare dignità. Invece no.
Silenzio. Affanno. Emergenza.
Meno sette.
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