Che punto deve toccare la brutalità della Lega Nord prima che qualcuno dica qualcosa? Fino a dove deve spingersi la campagna di odio che in questi giorni ha toccato nuovamente Gardolo prima che il silenzio sia rotto dalle grida dell'indignazione? Quale altra piazzata indegna e quale altro gazebo razzista dovrà essere approntato per farvi abbandonare una colpevole indifferenza e obbligarvi a parlare, a condannare, a respingere con decisione una cultura meschina?
Come miliziani del peggior imperatore hanno addirittura marchiato con un manifesto squallido il luogo di preghiera di fedeli musulmani, profanando la sacralità composta dello spazio religioso, indicando con schifo l'intimità spirituale e invocando la legge per impedire l'esercizio della libertà. E voi non reagite.
Hanno stanato le persone, oltraggiato la loro identità. Hanno chiesto legalità, e il coraggio del sindaco di Trento non si è fatto attendere: "Se quella moschea è irregolare la faremo chiudere". Invece di chiudere la bocca che offende si intraprende la strada della burocrazia, si spendono parole per lodare il "radicamento leghista" e non si tenta nemmeno un'opposizione politica, una condanna del cuore; non si riesce nemmeno ad offrire un altro punto di vista che rassicuri e che difenda la libertà, che dimostri possibile l'alternativa ai viscerali ideali leghisti.
Obbligati a nascondersi in una stanzetta per inchinarsi a pregare mentre i loro persecutori eseguono genuflessioni plateali nelle cattedrali che giurano di difendere dagli infedeli. E nessuno reagisce. Nemmeno il vescovo della città di Trento, a cui ci rivolgiamo con rispetto, ha saputo attingere alla cultura ecumenica della sua importante biografia. Nemmeno la chiesa trentina e le sue profonde radici hanno difeso la dignità religiosa di chi prega un dio diverso ma unico, di chi si riunisce nascosto, negletto, in catacombe culturali ancor prima che religiose.
L'affondo leghista alla dignità di queste persone è l'ennesima tappa di una campagna fatta di luoghi comuni, di ignoranza e miseria intellettuale. Ma una campagna che riesce ad ammaliare e a coinvolgere parti larghe di una città sfibrata, che rimane indifferente, che spesso non vede, ma che a volte odia, aggiungendosi al coro orribile del razzismo politico e culturale. Mentre i partiti politici si occupano di sé stessi, impegnati a danzare narcisisticamente attorno al loro ombelico e i sindacati si limitano a mantenere in funzione le loro organizzazioni. Tutto tace, la politica delle istituzioni e quella dei partiti. La chiesa e gli uomini di buona volontà. Tace l'umanità del decantato associazionismo e del volontariato. Poche e isolate e timide le prese di posizione, volte più a difendere che a condannare. L'indifferenza vince, colpevole e complice.
Ci ritroviamo in pochi, attorno ad un tavolo, per ridare forma a "Officina Sociale", per fondere le nostre diverse esperienze, per fondare un nuovo luogo di partecipazione, per avviare i cantieri dell'alternativa. Alcuni volontari di strada, alcuni attivisti del Bruno, studenti, insegnanti, che parlano anche di voi. Per sfidarvi. Perchè verremo a cercarvi, a chiedervi cosa pensate, se ancora pensate. Costringendovi a prendere posizione, se ne avete una. Entreremo nelle vostre sezioni di partito, nelle vostre chiese, dentro le sedi delle associazioni caritatevoli e volontaristiche per chiedervi di reagire, se avete ancora nervi e muscoli.
Se non risponderete nemmeno questa volta avrete completamente fallito, perso l'ultima occasione per ridare energia con cultura, politica, solidarietà agli anticorpi del razzismo. Se non risponderete scopriremo ancora una volta che non possiamo contare su di voi, ma anche senza di voi ci impegneremo fino in fondo per opporci all'odio. E all'indifferenza.
Il cantiere di Officina Sociale.
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Come miliziani del peggior imperatore hanno addirittura marchiato con un manifesto squallido il luogo di preghiera di fedeli musulmani, profanando la sacralità composta dello spazio religioso, indicando con schifo l'intimità spirituale e invocando la legge per impedire l'esercizio della libertà. E voi non reagite.
Hanno stanato le persone, oltraggiato la loro identità. Hanno chiesto legalità, e il coraggio del sindaco di Trento non si è fatto attendere: "Se quella moschea è irregolare la faremo chiudere". Invece di chiudere la bocca che offende si intraprende la strada della burocrazia, si spendono parole per lodare il "radicamento leghista" e non si tenta nemmeno un'opposizione politica, una condanna del cuore; non si riesce nemmeno ad offrire un altro punto di vista che rassicuri e che difenda la libertà, che dimostri possibile l'alternativa ai viscerali ideali leghisti.
Obbligati a nascondersi in una stanzetta per inchinarsi a pregare mentre i loro persecutori eseguono genuflessioni plateali nelle cattedrali che giurano di difendere dagli infedeli. E nessuno reagisce. Nemmeno il vescovo della città di Trento, a cui ci rivolgiamo con rispetto, ha saputo attingere alla cultura ecumenica della sua importante biografia. Nemmeno la chiesa trentina e le sue profonde radici hanno difeso la dignità religiosa di chi prega un dio diverso ma unico, di chi si riunisce nascosto, negletto, in catacombe culturali ancor prima che religiose.
L'affondo leghista alla dignità di queste persone è l'ennesima tappa di una campagna fatta di luoghi comuni, di ignoranza e miseria intellettuale. Ma una campagna che riesce ad ammaliare e a coinvolgere parti larghe di una città sfibrata, che rimane indifferente, che spesso non vede, ma che a volte odia, aggiungendosi al coro orribile del razzismo politico e culturale. Mentre i partiti politici si occupano di sé stessi, impegnati a danzare narcisisticamente attorno al loro ombelico e i sindacati si limitano a mantenere in funzione le loro organizzazioni. Tutto tace, la politica delle istituzioni e quella dei partiti. La chiesa e gli uomini di buona volontà. Tace l'umanità del decantato associazionismo e del volontariato. Poche e isolate e timide le prese di posizione, volte più a difendere che a condannare. L'indifferenza vince, colpevole e complice.
Ci ritroviamo in pochi, attorno ad un tavolo, per ridare forma a "Officina Sociale", per fondere le nostre diverse esperienze, per fondare un nuovo luogo di partecipazione, per avviare i cantieri dell'alternativa. Alcuni volontari di strada, alcuni attivisti del Bruno, studenti, insegnanti, che parlano anche di voi. Per sfidarvi. Perchè verremo a cercarvi, a chiedervi cosa pensate, se ancora pensate. Costringendovi a prendere posizione, se ne avete una. Entreremo nelle vostre sezioni di partito, nelle vostre chiese, dentro le sedi delle associazioni caritatevoli e volontaristiche per chiedervi di reagire, se avete ancora nervi e muscoli.
Se non risponderete nemmeno questa volta avrete completamente fallito, perso l'ultima occasione per ridare energia con cultura, politica, solidarietà agli anticorpi del razzismo. Se non risponderete scopriremo ancora una volta che non possiamo contare su di voi, ma anche senza di voi ci impegneremo fino in fondo per opporci all'odio. E all'indifferenza.
Il cantiere di Officina Sociale.
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1 commento:
Ci troviamo, dal 2002, ogni
settimana,il giovedì o il venerdì a
seconda degli impegni, dalle 19.45 in poi, quando tutti hanno finito i loro turni di lavoro, in una piccola cappella, che ci viene prestata. Ci troviamo per pregare assieme, in otto, in sei, a volte anche meno, in tre in due, ma che importa: «dove due o tre sono riuniti nel mio nome...». Leggiamo il vangelo della domenica, condividiamo le nostre emozioni e riflessioni riguardo a quanto letto, legandolo a quel che è successo durante la settimana. Per me è diventata un'esigenza, per staccare dal lavoro e dalle altre attività, per respirare e alimentare una fede che non si accontenta delle messe domenicali. Sin dall'inizio ho pensato che questo fosse normale. È un diritto sancito dalla
costituzione: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume» (articolo19). In questi giorni ho capito che forse è un privilegio. Alcune persone mussulmane si trovano abitualmente in un garage per pregare. Qualcuno lo viene a sapere e solleva un polverone: improvvisa un presidio davanti al garage, si dichiara contrario a tale luogo di culto, ipotizzando che vi si predichi l'odio e l'intolleranza religiosa. Vengono chiesti maggiori controlli: filmare l'entrata al luogo di culto «abusivo» e avere accesso agli argomenti trattati. Mi aspettavo che la chiesa locale facesse sentire la sua voce. Se il diritto di culto viene messo in dubbio a persone di altre religioni, per principio non è più garantito a nessuno, neppure ai cristiani.
Chi mi dice che in un prossimo futuro non vengano installate delle telecamere e dei registratori nella cappella dove io e i miei amici ci ritroviamo a pregare, perché la nostra è ritenuta da qualcuno un'attività cospirativa? E poi, chissà ... forse lo è per davvero.
Stefano De Toni - Trento
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